Anche una sola seduta può essere sufficiente

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Anche una sola seduta dallo Psicologo può essere sufficiente

 

Sean: Tu ti senti solo, Will?

Will: Cosa?

Sean: Hai un’anima gemella?

Will: Se ho… chiarisca il concetto.

Sean: Qualcuno che ti pungola.

Will: Ho… Chuckie.

Sean: No, Chuckie è la famiglia. Si sdraierebbe in mezzo al traffico per te. No, parlo di qualcuno che ti fa scoprire nuove cose, che ti tocca dentro.

Will: Beh… ho… io… sono pieno.

Sean: Dimmi chi sono.

Will: Shakespeare, Nietzsche, Frost, O’Conner, Kant, Pope, Locke…

Sean: Bello, sono tutti morti.

Will: Per me non lo sono.

Sean: Ah no? Non hai un gran dialogo con loro. Non puoi scambiare emozioni, Will.

Questo dialogo è tratto dal film “Will Hunting genio ribelle”. La storia è quella di un ragazzo, un genio che nasconde la sua dote per paura, per mancanza di coraggio, qualcuno però si accorge di lui, del suo dono, ma il ragazzo oltre ad essere speciale è anche abbandonato a se stesso, uno sbandato, tanto che viene arrestato per una rissa. A tirarlo fuori ci sarà il Prof. Lambeau, il docente a conoscenza della sua genialità e che in cambio della libertà pretende da Will istruzione e un percorso psicologico da affrontare.

Sebbene apparentemente può non sembrare, questo film destruttura la terapia formale. I dialoghi sono molto semplici, entrano dritti nella quotidianità, vanno oltre la trama, ci cullano, ci fanno dire “Anche io vorrei parlare con il Dr. Sean”. Non si vede il percorso terapeutico, sebbene nel film sia stato inserito come tale, Sean parla a Will e ogni volta il dialogo è fine a se stesso, eppure lo aiuta, eppure è come se in qualche modo gli fornisse delle lenti nuove con cui guardare le cose e a volte basta anche solo questo.

Quante volte ci siamo trovati a vivere un momento di sconforto, un momento in cui magari soffriamo di insonnia o siamo di cattivo umore, non abbiamo fame o abbiamo troppa fame, non capiamo come relazionarci con un capo, un amico, un famigliare, il partner e questa cosa ci fa soffrire, quante volte sentiamo dentro di noi un abbattimento o sentiamo uno stato d’ansia persistente.

Quante volte il pensiero è fisso su questo status e non riusciamo a capire come uscirne? Nessuna frase di conforto, nessun consiglio o vicinanza di un amico può aiutarci, le spiegazioni più ovvie o assurde ci vengono rifilate come perle che dovrebbero farci stare meglio, ma niente, non cambia nulla. Forse avremmo bisogno di un professionista, sicuramente di qualcuno che sa quello che probabilmente stiamo sbagliando, qualcuno che lucidamente può farci afferrare il pensiero che sottende certi disagi, qualcuno che può fornirci gli strumenti per superare l’ostacolo e forse quel professionista basta anche incontrarlo solo una volta.

Forse non tutti sanno che da quasi trent’anni si lavora, nel campo della psicologia, alle terapie brevi, utili per chi ha magari bisogno solo di una consulenza o per chi magari non ha necessità di un percorso prolungato nel tempo, rispondendo al problema in modo immediato e nella maggior parte dei casi arrivando subito alla risoluzione.

Tra le varie terapie brevi si inserisce la terapia a seduta singola, di persona e/o al telefono.

La terapia a seduta singola cerca di trarre il massimo da una singola seduta. Il metodo utilizzato si svincola dalle categorie diagnostiche e concentra e focalizza l’attenzione esclusivamente sulla persona, su risorse e capacità di questa, sui punti di forza e strategie di coping.

Come funziona? Di solito il primo contatto avviene per telefono o attraverso la mail.

In questo primo approccio conoscitivo viene somministrato un questionario in cui viene chiesto qual è il problema per cui si ha avuto la spinta per contattare un terapeuta, da quanto tempo persiste e da quanto questo problema inficia nella vita quotidiana.

Attraverso le risposte si avrà un primo quadro generale della situazione e si saprà su cosa maggiormente si dovrà focalizzare l’attenzione.

All’incontro, definito il problema si cercherà di capire come questo è stato affrontato fino a quel momento e si cercherà insieme al professionista l’obiettivo da raggiungere suggerendo un compito/esercizio che sarà sicuramente diverso dalle strategie intraprese fino a quel momento e che non sono andate a buon fine, oppure ascoltato il paziente, il terapeuta fornirà una visione diversa con cui guardare la questione.

La seduta è cosi autoconclusiva. Il principio su cu si basa è proprio questo.

Ogni singola seduta è potenzialmente l’ultima in quanto da questa si cerca di estrapolare il massimo in termini di risoluzione.

Ogni terapeuta attua il proprio approccio e se il paziente ne trova giovamento fin da subito, questa può considerarsi chiusa.

Tutto sta alle risorse che riusciremo a tirare fuori e se queste non basteranno nel follow-up, ovvero il contatto dopo qualche settimana per valutare gli avvenuti cambiamenti, si potrà decidere di effettuare un’altra seduta, di intraprendere un percorso specifico o chiudere, essendo la terapia stata sufficiente.

Guardare le cose con gli occhi di qualcun altro, ascoltare i pensieri di chi porta risorse diverse dalle proprie, moltissime volte ci apre davvero gli occhi, può tirarci fuori dalla routine dei nostri pensieri dalle credenze che abbiamo e di cui siamo certi, basta anche solo una volta e le cose possono prendere tutta un’altra piega:

Sean: Se ti chiedessi sull’arte probabilmente mi citeresti tutti i libri di arte mai scritti… Michelangelo. Sai tante cose su di lui: le sue opere, le aspirazioni politiche, lui e il Papa, le sue tendenze sessuali, tutto quanto vero? Ma scommetto che non sai dirmi che odore c’è nella Cappella Sistina. Non sei mai stato lì con la testa rivolta verso quel bellissimo soffitto… Mai visto. Se ti chiedessi sulle donne, probabilmente mi faresti un compendio sulle tue preferenze, potrai perfino aver scopato qualche volta… ma non sai dirmi che cosa si prova a risvegliarsi accanto a una donna e sentirsi veramente felici. Sei uno tosto. E se ti chiedessi sulla guerra probabilmente mi getteresti Shakespeare in faccia eh? “Ancora una volta sulla breccia, cari amici!”… ma non ne hai mai sfiorata una. Non hai mai tenuto in grembo la testa del tuo migliore amico vedendolo esalare l’ultimo respiro mentre con lo sguardo chiede aiuto. Se ti chiedessi sull’amore probabilmente mi diresti un sonetto. Ma guardando una donna non sei mai stato del tutto vulnerabile… non ne conosci una che ti risollevi con gli occhi, sentendo che Dio ha mandato un angelo sulla terra solo per te, per salvarti dagli abissi dell’Inferno”

 

Manuela Agostini

Psicologa Clinica e di Comunità


 

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